CfP: Cittadinanza e condizione dello straniero attraverso il prisma del lavoro / La citoyenneté et la condition de l'étranger au prisme du travail

Call for papers, deadline 1 May 2021 (in Italian and French)

 *** FOR FRENCH, SEE BELOW *** 

 

Cittadinanza e condizione dello straniero attraverso il prisma del lavoro

Giornate di studio 2-3 luglio, Parigi

Association Française d’Histoire des Mondes du Travail – Società Italiana di Storia del Lavoro

 

L’AFHMT e la SISLav hanno deciso di lanciare nel 2019 un programma di incontri comuni su due anni con l’obiettivo di incoraggiare un dialogo storiografico e di stimolare la collaborazione tra gli aderenti delle due associazioni. Il primo incontro si è svolto il 5 e il 6 luglio 2019 a Roma sul tema “Lavoro a domicilio: dai chamberlans al telelavoro”. Il secondo incontro si terrà a Parigi il 2 e 3 luglio 2021.

 

Call for paper

 

La relazione complessa tra lavoro e cittadinanza riemerge continuamente nel corso della storia, in particolare nei momenti cruciali della definizione giuridica dell’uno o dell’altra. Si pensi alla nozione di cittadino che la Dichiarazione dei diritti dell’uomo vuole libero da tutti i legami di dipendenza personali, mettendo in luce le ambiguità di alcuni rapporti di lavoro e la loro incompatibilità con il godimento della cittadinanza. O si pensi al ruolo del lavoro nella Costituzione italiana, posto tra i principi fondamentali della Repubblica. Questi due esempi, distanti nel tempo e nello spazio, rappresentano i sintomi della relazione profonda tra “cittadinanza” e “lavoro”. Queste giornate di studio vogliono osservare questo rapporto e le sue diverse declinazioni sulla lunga durata.

 

Nelle disposizioni normative, come nelle pratiche sociali, il lavoro è spesso un elemento importante della definizione delle condizioni di partecipazione alla cittadinanza o alla comunità locale.

In età medievale e moderna non esiste una cittadinanza, ma “una pluralità di condizioni soggettive differenziate e gerarchizzate” (Costa, 1999: 15). Esse si fondano su un legame pattizio, sulla base del quale vengono definiti i diritti e i doveri dei “cittadini”. Alla natura plurale e pattizia della cittadinanza si aggiunge la sua natura relazionale, per cui l’appartenenza e il suo contrario, l’estraneità, sono associate non tanto all’origine geografica degli attori, quanto alla loro partecipazione all’economia cittadina e ad una rete di relazioni sociali stabili (Sonkajärvi 2008; Cerutti 2012). In questa prospettiva si comprende perché per il legislatore di antico regime, l’ozio e il vagabondaggio da soli bastino a giustificare l’esclusione di un individuo dalla comunità cittadina. E allo stesso modo si comprende perché il lavoro rappresenti spesso per gli individui uno strumento cruciale per rivendicare o provare la partecipazione alla cittadinanza.

In antico regime l’appartenenza locale si iscrive in una società che si rappresenta attraverso i suoi corpi sociali e di mestiere. Se l’appartenenza ai corpi struttura formalmente l’appartenenza alla comunità locale, essa però non la esaurisce. Una parte importante delle forze lavorative operano al di fuori di questo quadro normato, e interagendo con esso contribuiscono a renderlo più complesso. Il mondo del lavoro in età moderna è attraversato da diverse forme di mobilità, professionale e geografica. Durante il proprio ciclo di vita professionale un lavoratore generalmente svolge diverse attività (a volte contemporaneamente) dentro e fuori i corpi di mestiere, cambiando professione, statuto e luogo di attività. La sua appartenenza alla comunità locale si riconfigura quindi continuamente.

 

Proprio in virtù della loro mobilità, i lavoratori in antico regime sono sottoposti a diverse forme di “controllo” che condizionano fortemente il loro statuto. La giurisdizione delle autorità di polizia sui lavoratori (Kaplan 1979 ; Hordern 1991 ; Carvais 2010), gli statuti delle comunità di mestiere, così come i livrets ouvriers e le forme di louages del lavoro (Pesante 2016), sono tutti dispositivi per controllare e inquadrare la mobilità dei lavoratori. Le lotte degli operai in Francia lungo tutto il XVIII secolo contro la loro assimilazione ai domestici concorrono al lento e contradditorio passaggio dalla polizia del lavoro ai diritti dei lavoratori (Hordern 1991). Di questo percorso il Codice civile del 1804 segna una tappa importante della ridefinizione dei rapporti di lavoro, passaggio fondamentale nella definizione della cittadinanza. Se « la loi ne reconnaît point de domesticité » – come afferma la Dichiarazione dei diritti del 1793 – il Codice civile, abolendo le cause penali per rottura dei rapporti di lavoro, afferma il « véritable louage », quello basato per la prima volta su una « réciprocité des volontés libres » (Cottereau 2002 ; Veneziani 2010). Ma per quanto venga dichiarata un’uguaglianza formale tra gli individui, a fondamento dei diritti dei “cittadini”, l’una e gli altri sono ancora lontani dall’affermarsi nei fatti. La Rivoluzione non rimette completamente in causa la dimensione comunitaria dei rapporti di lavoro, e il contratto di lavoro come contratto che lega un individuo ad un altro è una realtà che emerge solo lentamente (Didry 2012). Allo stesso modo, le forme di dipendenza personale che il Codice civile esclude nelle parole per poter “dire” il cittadino, si ripresentano nei fatti e i tentativi di ristabilire i delitti di diserzione e di insubordinazione si moltiplicano lungo il XIX secolo (Cottereau 2002)

 

L’uso sempre più intenso del salariato a cavallo del XX secolo è spesso associato alla costruzione progressiva di una cittadinanza esclusiva attraverso il contratto di lavoro, che garantisce diritti come contropartita di un rapporto di subordinazione. Così, nella tradizione dell’universalismo repubblicano, la cittadinanza sociale – nel senso della possibilità di disporre di un minimo di risorse e di diritti appoggiandosi sullo statuto di salariato – è la condizione preliminare per beneficiare della cittadinanza politica, garantendo l’indipendenza economica e sociale, almeno relativa, indispensabile per l’esercizio dei diritti civili e politici (Castel 2008). Il contratto di lavoro, al di là delle numerose disposizioni legali e normative su cui si basa, dà accesso a varie forme di protezione sociale e, più in generale, ai diritti di cittadinanza (Didry 2016). Questa lettura, certo fortemente radicata in uno spazio-tempo determinato (la modernità occidentale), sottolinea almeno l’utilità di interessarsi all’oggetto “lavoro” per cogliere le forze motrici della costruzione della cittadinanza et, a contrario, della condizione di straniero, tenendo contro della specificità delle tradizioni storiografiche e della diversità dei terreni.

L’interazione complessa tra regolamentazione del lavoro, diritti di cittadinanza e condizione soggettiva dei lavoratori può essere verificata ugualmente in contesti diversi dall’Occidente industriale: si pensi ad esempio agli spazi e ai tempi coloniali che permettono di arricchire gli interrogativi storiografici a questo proposito. I territori coloniali come l'Impero francese sono stati caratterizzati fin dagli anni 1880 da una separazione giuridica, amministrativa e politica tra cittadini e sudditi, sancita dal regime dell’indigénat nelle sue molteplici forme (Mann, 2009). L'introduzione del lavoro salariato in questi territori mette in tensione la dicotomia cittadino/soggetto, nella misura in cui il rapporto contrattuale dipendente/datore di lavoro produce diritti e varie forme di protezione, anche se limitate e poco o nulla attuate. Diventa, in alcuni casi, una leva per stabilire un percorso di emancipazione e integrazione sociale, per quanto frammentato e diseguale possa essere (Cooper 1996).

 

Molte questioni emergono da questa griglia interpretativa. Queste giornate di studio AFHMT/SISLav vogliono promuovere un dialogo tra specialisti di epoche e di aree geografiche differenti. Proponiamo alcune piste di ricerca, non esaustive e non vincolanti:

 

1. Lavoro e cittadinanza nel discorso pubblico: nella definizione dei criteri di accesso alla cittadinanza spesso le istituzioni hanno posto il lavoro e la mancanza di impiego come criteri di inclusione ed esclusione dalla comunità. Si tratta ora di indagare i momenti, le congiunture economiche e politiche, gli attori che hanno messo l’accento sul lavoro come elemento cruciale della costruzione della nozione di cittadinanza, le continuità e i momenti di rottura.

 

2. Lavori e cittadinanze: accanto ad una indagine intorno al discorso pubblico è necessario osservare il rapporto tra lavoro e cittadinanza in una prospettiva emic, centrata il più possibile sul punto di vista degli attori. Se, come è stato mostrato, la cittadinanza e l’estraneità sono condizioni definite principalmente dalle pratiche sociali, e tra queste il lavoro gioca un ruolo importante, allora vale la pena osservare più da vicino questo rapporto e moltiplicare i punti di osservazione. Che tipo di lavoro definisce la distinzione tra straniero e cittadino? Non tutti i lavori si equivalgono, ma le condizioni di costruzione dell’appartenenza locale saranno diverse nel caso si tratti di lavoro formale o informale, precario o stabile, itinerante o a domicilio, libero o non libero. Si tratta insomma di osservare la nozione plurale di cittadinanza attraverso il prisma del lavoro.

 

3. Lavori e nuove cittadinanze: Ribaltando la prospettiva, un altro modo di osservare il rapporto tra lavoro e cittadinanza è domandarsi in che modo i lavoratori “stranieri” sono in grado di creare nuove cittadinanze. La cittadinanza non è una nozione definita una volta per tutte alla quale gli “stranieri” sono chiamati a conformarsi o, per dirla con Bernard Lepetit: « les hommes ne sont pas des chaussures dans une boite : la ville n’est pas un environnement » (Bottin e Calabi, 1999: 11). Il tessuto sociale locale, per quanto fortemente stratificato e organizzato come quello per esempio delle città di antico regime, rappresenta comunque una realtà in divenire, alla configurazione della quale gli “stranieri” contribuiscono. Che contributo danno i lavoratori “stranieri” al processo di “negoziazione” e di costruzione della cittadinanza?

 

4. Lavori e cittadinanze in una prospettiva di genere: Si tratta di osservare il processo di costruzione dell’appartenenza locale in una prospettiva di genere. Come e quando il lavoro ha contribuito all’accesso delle donne ai diritti di appartenenza/cittadinanza?

 

Modalità di partecipazione e invio dei contributi

A partire da casi di studio concreti, i partecipanti sono invitati a suggerire nuove piste o a consolidare e approfondire le prospettive qui sopra delineate.

Queste giornate di studio si propongono di stimolare una forma di incontro centrata sulla discussione critica tra tutti i partecipanti. Per farlo, le relazioni scritte delle comunicazioni (massimo 40.000 caratteri) verranno richieste in anticipo perché possano circolare tra i partecipanti iscritti (gratuitamente) alle giornate che saranno, speriamo, più numerosi dei relatori. Nella misura in cui questi testi circoleranno tra i partecipanti, durante gli incontri i relatori si limiteranno a mettere l’accento in pochi minuti sui punti salienti e le ipotesi principali della loro proposta perché la discussione che segue sia la più ampia possibile.

 

Le proposte, di una pagina al massimo, accompagnate da un breve CV, devono pervenire prima del 1 maggio 2021 all’indirizzo contact[at]afhmt.org

 

Le risposte saranno comunicate il 15 maggio. I contributi destinati a circolare (tra 20.000 e 40.000 battute) dovranno pervenire prima del 20 giugno 2021.

 

N.B.: Per quanto riguarda le proposte di intervento di studiose e studiosi affiliati ad enti di ricerca e università italiane, la SISLav riserverà in prima istanza la call ai soci dell’associazione.

 

Comitato organizzatore: Virginia Amorosi, Andrea Caracausi, Michele Colucci, Nicolas Hatzfeld, Corine Maitte, Ferruccio Ricciardi, Nicoletta Rolla, Matthieu Scherman, Xavier Vigna.

 

Bibliografia

 

Baldissara L., Battini M., 2017). Lavoro e cittadinanza. Dalla Costituente alla flessibilità: ascesa e declino di un binomio, Milano: Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.

 

Bottin J., Calabi D., 1999. Les étrangers dans la ville, Paris: Edition MSH.

 

Carvais R., 2010. « Pour une préhistoire du droit du travail avant la Révolution », Menu B. (éd.), L’organisation du travail en Égypte ancienne et en Mésopotamie, Institut français d’archéologie orientale, p. 13-37.

 

Castel R. (2008), « La citoyenneté sociale menacée », Cités, 3/35, p. 13-141.

 

Cerutti S., 2010. « Travail mobilité et légitimité. Suppliques au roi dans une société d’Ancien régime (Turin, XVIIIe siècle) », Annales HSS, 3, p. 571-611.

 

Cerutti S., 2012. Étrangers. Etude d'une condition d'incertitude dans une société d'Ancien régime, Montrouge : Bayard.

 

Cerutti S., Descimon R., Prak M., 1995. «Cittadinanze», Quaderni Storici, 89.

 

Costa P., 1999. Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, Roma-Bari: Laterza.

 

Cooper F., 1996. Decolonization and African Society: The Labor Question in French and British Africa, Cambridge, Cambridge University Press.

 

Cottereau A. 2002. « Droit et bon droit. Un droit des ouvriers instauré, puis évincé par le droit du travail (France, XIXe siècle) », Annales HSS, 6, p. 1521-1567.

Q.S., Cittadinanze

 

Didry C., 2012. « Du sujet de droit à la citoyenneté du travail, une autre histoire du salariat », Le sujet dans la cité, 2 (n° 3), p. 80-91.

 

Didry C., 2016. L’Institution du travail. Droit et salariat dans l’histoire, Paris, La Dispute.

 

Hordern F., 1991. « Du louage de services au contrat de travail ou de la police au droit (XVIIIe-XXe siècle) », Cahiers de l’Institut régional du travail, 3, p. 1-120.

 

Kaplan S., 1979. « Réflexion sur la police du monde du travail, 1700-1815 », Revue historique, 529, p. 17-77.

 

Mann G., 2009. « What was the Indigenat? The Empire of Law in French West Africa », Journal of African History, 50 (3): 313-353.

 

Minard Ph., 2006. « Les formes de régulation du travail en France et en Angleterre au XVIIIe siècle : une enquête en cours », Les cahiers de Framespa, [en ligne], 2.

 

Pesante M.L., 2016. « Lavoro servile e lavoro salariato in prospettiva storica », Cerasi L. (a cura di), Le libertà de lavoro. Storia, diritto, società, Palermo: NDF - Società di storia del lavoro, p. 75-105.

 

Sarti R., (2019). Le « nom de domestique » est un « mot vague ». Débats parlementaires sur la domesticité pendant la Révolution française, in Corine Maitte, Nicolas Schapira (dir.), L’empreinte domestique du travail, XVIe-XXIe siècle, Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée modernes et contemporaines, 131/1 : 39-52.

 

Sonkajärvi H., 2008. Qu’est-ce qu’un étranger? Frontières et identifications à Strasbourg (1681-1789), Strasbourg : Presse Universitaire de Strasbourg.

 

Veneziani B., 2010. “The evolution of the contract of Employment”, Hepple B. (ed.), The making of labour law in Europe. A comparative study of nine countries up to 1945, London and New York: Mansell, p. 31-72.

 

 

 

 

                                                                                                         

 

 

 

 

 

 

 

La citoyenneté et la condition de l'étranger au prisme du travail

Journées d'étude 2-3 juillet 2021, Paris

Association Française d'Histoire des Mondes du Travail - Società italiana di Storia del Lavoro

 

L'AFHMT et la SISLav ont décidé de lancer en 2019 un programme de rencontres conjointes sur deux ans dans le but d'encourager un dialogue historiographique et de stimuler la collaboration entre les membres des deux associations. La première réunion a eu lieu les 5 et 6 juillet 2019 à Rome sur le thème "Le travail à domicile : du chambranle au télétravail". La deuxième réunion a dû être posticipée d’un an et elle aura lieu à Paris les 2 et 3 juillet 2021.

 

Appel à contributions

 

La relation complexe entre le travail et la citoyenneté resurgit sans cesse au cours de l'histoire, en particulier à des moments cruciaux de la définition juridique de l'un ou de l'autre. En France, le « citoyen » de la Déclaration des droits de l'homme est libre de tout lien de dépendance personnelle, s'insérant dans un lent processus de définition des droits des travailleurs qui exclut pendant longtemps les domestiques. En Italie, cent cinquante ans après, le travail figure parmi les principes fondamentaux de la constitution de la République italienne nouvellement créée. Ces deux exemples, distants dans le temps et l'espace, sont des symptômes de la relation profonde entre « citoyenneté » et « travail », même si de nombreux travailleurs étrangers à l’UE sont toujours privés de droit de vote et ce parfois malgré de longues années de résidence dans leur pays d’accueil. Ces journées d'étude entendent observer cette relation sur le long terme.

 

Dans les dispositions réglementaires, comme dans les pratiques sociales, le travail est souvent un élément important pour définir les conditions de participation à la citoyenneté ou à la communauté locale.

À l'époque médiévale et moderne, il n'existe pas decitoyenneté, mais "une pluralité de conditions subjectives différenciées et hiérarchisées" (Costa, 1999 : 15). Ils sont basés sur un lien conventionnel, sur la base duquel les droits et les devoirs des "citoyens" sont définis. Dans cette perspective, on peut comprendre pourquoi, pour le législateur de l'ancien régime, l'oisiveté et l'errance suffisaient à elles seules à justifier l'exclusion d'un individu de la communauté urbaine. À la nature plurielle et conventionnelle de la citoyenneté s'ajoute sa nature relationnelle, par laquelle l'appartenance et son contraire, l'étranger, sont associés non pas tant à l'origine géographique des acteurs, mais à leur participation à l'économie de la ville et à un réseau de relations sociales stables (Sonkajärvi 2008 ; Cerutti, 2012). Dans ce contexte, on peut comprendre pourquoi le travail représente souvent un outil crucial pour les individus pour revendiquer ou prouver leur participation à la citoyenneté.

Dans l'ancien régime, l'appartenance locale est inscrite dans une société qui se représente elle-même à travers ses corps sociaux et professionnels. Si l'appartenance aux corps structure formellement l’appartenance à la communauté locale, elle ne l'épuise pas. Une partie importante des forces de travail opère en dehors de ce cadre normatif et, en interagissant avec lui, elles contribuent à le rendre plus complexe. Le monde du travail à l'époque moderne est marqué par diverses formes de mobilité, tant professionnelle que géographique. Au cours de son cycle de vie professionnelle, un travailleur exerce généralement plusieurs activités (parfois simultanément) à l'intérieur et à l'extérieur des corps de métier, en changeant de profession, de statut et de lieu d'activité. Son appartenance à la communauté locale est ainsi constamment reconfigurée.

 

Précisément en raison de leur mobilité, les travailleurs d'ancien régime sont soumis à diverses formes de "contrôle" qui conditionnent fortement leur statut. La juridiction des autorités de police sur les travailleurs (Kaplan 1979 ; Hordern 1991 ; Carvais 2010), les statuts des communautés de métier, ainsi que les livrets ouvriers et les formes de louages de travail (Pesante 2016), sont autant de dispositifs permettant de contrôler et d'encadrer la mobilité des travailleurs. Les luttes des travailleurs en France tout au long du XVIIIe siècle contre leur assimilation à des serviteurs contribuent à la transition lente et contradictoire de la police du travail aux droits des travailleurs (Hordern 1991). Le Code civil de 1804 marque une étape importante dans la redéfinition des relations de travail comme dans la définition de la citoyenneté. Si "la loi ne reconnait point de domesticité" - comme le stipule la Déclaration des droits de 1793 - le Code civil, en abolissant les poursuites pénales pour rupture des relations de travail, a affirmé le "véritable louage", fondé pour la première fois sur une "réciprocité des volontés libres" (Cottereau 2002 ; Veneziani 2010). Mais, si une égalité formelle entre les individus a été déclarée comme base des droits des "citoyens", l'un et l'autre sont encore loin d'être affirmés dans la pratique. La Révolution ne remet pas complètement en cause la dimension communautaire des relations de travail et le contrat de travail, en tant que contrat qui lie un individu à un autre, est une réalité qui n'émerge que lentement (Didry 2012). De même, les formes de dépendance personnelle que le Code civil exclut dans le texte pour "dire" le citoyen réapparaissent en actes, et les tentatives de rétablir les crimes de désertion et d'insubordination se multiplient tout au long du XIXe siècle (Cottereau 2002).

 

Le recours croissant au salariat au début du XXe siècle est souvent associé à la construction progressive d'une citoyenneté exclusive par le biais du contrat de travail, qui garantit des droits en contrepartie d'un rapport de subordination. Ainsi, dans la tradition de l'universalisme républicain, la citoyenneté sociale - au sens de possibilité de disposer d'un minimum de ressources et de droits en s'appuyant sur le statut de salarié - est la condition préalable à la citoyenneté politique, garantissant l'indépendance économique et sociale, au moins relative, indispensable à l'exercice des droits civils et politiques (Castel 2008). Le contrat de travail, par-delà les multiples dispositifs juridiques et normatifs sur lesquels il prend appuie, donne accès à des formes variées de protection sociale et, plus largement, aux droits de citoyenneté (Didry 2016). Cette lecture, certes fortement ancrée dans un espace-temps déterminé (la modernité occidentale), souligne au moins l'utilité de s'intéresser à l'objet "travail" afin de saisir les forces motrices de la construction de la citoyenneté et, a contrario, de la condition d'étranger, en tenant compte de la spécificité des traditions historiographiques et de la diversité des terrains.

L'interaction complexe entre la réglementation du travail, les droits de citoyenneté et la condition subjective des travailleurs peut également se vérifier dans des contextes autres que l'Occident industriel : on pense, par exemple, aux époques et aux espaces coloniaux qui permettent d'enrichir les questions historiographiques à cet égard. Les territoires coloniaux comme l’Empire français sont caractérisés depuis les années 1880 par une séparation juridique, administrative et politique entre citoyens et sujets, sanctionnée par le régime de l’indigénat sous ses multiples formes (Mann, 2009). L’introduction du salariat dans ces territoires met sous tension la dichotomie citoyen/sujet, dans la mesure où la relation contractuelle salarié/employeur est productrice de droits et de formes variées de protection, quoique limitées et pas ou peu mises en œuvre. Elle devient, dans certains cas, un levier pour asseoir un parcours d’émancipation et d’intégration sociale, fusse-t-il fragmenté et accidenté (Cooper 1996).

De nombreuses questions se dégagent ainsi de cette grille d'interprétation. Ces journées d'étude AFHMT/SISLav visent à promouvoir un dialogue entre spécialistes de différentes époques et zones géographiques. Nous proposons quelques pistes de recherche, non exhaustives et non contraignantes :

 

1. Le travail et la citoyenneté dans le discours public : en définissant les critères d'accès à la citoyenneté, les institutions ont souvent fixé le travail et le manque d'emploi comme critères d'inclusion et d'exclusion de la communauté. Il s'agit d'enquêter sur les moments, les situations économiques et politiques, les acteurs qui ont mis l'accent sur le travail comme élément crucial dans la construction de la notion de citoyenneté, les continuités et les moments de rupture.

 

2. Travail et citoyennetés : parallèlement à une enquête autour du discours public, il est nécessaire d'observer la relation entre le travail et la citoyenneté dans une perspective émique, centrée autant que possible sur le point de vue des acteurs. Si, comme on l'a montré, la citoyenneté et l'étranger sont des conditions définies principalement par des pratiques sociales, et le travail joue un rôle important parmi celles-ci, alors il vaut la peine d'examiner plus attentivement cette relation et de multiplier les points d'observation. Quel type de travail définit la distinction entre étranger et citoyen ? Tous les emplois ne sont pas équivalents, mais les conditions de construction de l'appartenance locale seront différentes dans le cas d'un travail formel ou informel, précaire ou stable, itinérant ou à domicile, libre ou non libre. En bref, il s'agit d'observer la notion plurielle de citoyenneté à travers le prisme du travail.

 

3. Emplois et nouvelles citoyennetés : eninversant la perspective, une autre façon d'envisager la relation entre le travail et la citoyenneté consiste à se demander comment les travailleurs "étrangers" sont capables de créer de nouvelles citoyennetés. La citoyenneté n'est pas une notion définie une fois pour toutes à laquelle les "étrangers" sont appelés à se conformer. Selon les termes de Bernard Lepetit : "les hommes ne sont pas des chaussures dans une boite : la ville n'est pas un environnement" (Bottin e Calabi, 1999: 11). Le tissu social local, aussi fortement stratifié et organisé que celui des villes de l'ancien régime, représente une réalité en devenir, à la configuration de laquelle contribuent les "étrangers". Quelle est la contribution des travailleurs "étrangers" au processus de "négociation" et à la construction de la citoyenneté ?

 

4. Travail et citoyenneté dans une perspective de genre : L'objectif est d'observer le processus de construction de l'appartenance locale dans une perspective de genre. Comment et quand le travail a-t-il contribué à l'accès des femmes aux droits d'appartenance/citoyenneté ?

 

 

Comment participer et envoyer des contributions

En partant d'études de cas concrets, les participants sont invités à proposer de nouvelles pistes ou à consolider et approfondir les perspectives proposées ci-dessus.

Ces journées d'étude visent à stimuler une forme de rencontre centrée sur la discussion critique entre tous les participants. Pour ce faire, les communications écrites (maximum 40.000 caractères) seront demandées à l'avance afin qu'ils puissent circuler parmi les participants inscrits (gratuitement) aux journées, qui seront, espérons-le, plus nombreux que les orateurs. Dans la mesure où ces textes circuleront parmi les participants, les orateurs se limiteront, au cours des réunions, à souligner en quelques minutes les principaux points et hypothèses de leur proposition afin que la discussion soit ensuite la plus large possible.

 

Les propositions, d'une page maximum, accompagnées d'un bref CV, doivent être reçues avant le 1 mai 2021 à l'adresse contact[at]afhmt.org

 

Les réponses seront annoncées le 15 mai. Les soumissions destinées à être diffusées (entre 20 000 et 40 000 frappes) doivent être reçues avant le 20 juin 2021.

 

N.B. : En ce qui concerne les propositions de chercheurs affiliés à des institutions de recherche et des universités italiennes, la SISLav réservera l'appel en premier lieu aux membres de l'association.

 

Comité organisateur : Virginia Amorosi, Andrea Caracausi, Michele Colucci, Nicolas Hatzfeld, Corine Maitte, Ferruccio Ricciardi, Nicoletta Rolla, Matthieu Scherman, Xavier Vigna.

 

Bibliographie

 

Baldissara L., Battini M., 2017). Lavoro e cittadinanza. Dalla Costituente alla flessibilità: ascesa e declino di un binomio, Milano: Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.

 

Bottin J., Calabi D., 1999. Les étrangers dans la ville, Paris: Edition MSH.

 

Carvais R., 2010. « Pour une préhistoire du droit du travail avant la Révolution », Menu B. (éd.), L’organisation du travail en Égypte ancienne et en Mésopotamie, Institut français d’archéologie orientale, p. 13-37.

 

Castel R. (2008), « La citoyenneté sociale menacée », Cités, 3/35, p. 13-141.

 

Cerutti S., 2010. « Travail mobilité et légitimité. Suppliques au roi dans une société d’Ancien régime (Turin, XVIIIe siècle) », Annales HSS, 3, p. 571-611.

 

Cerutti S., 2012. Étrangers. Etude d'une condition d'incertitude dans une société d'Ancien régime, Montrouge : Bayard.

 

Cerutti S., Descimon R., Prak M., 1995. «Cittadinanze», Quaderni Storici, 89.

 

Costa P., 1999. Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, Roma-Bari: Laterza.

 

Cooper F., 1996. Decolonization and African Society: The Labor Question in French and British Africa, Cambridge, Cambridge University Press.

 

Cottereau A. 2002. « Droit et bon droit. Un droit des ouvriers instauré, puis évincé par le droit du travail (France, XIXe siècle) », Annales HSS, 6, p. 1521-1567.

Q.S., Cittadinanze

 

Didry C., 2012. « Du sujet de droit à la citoyenneté du travail, une autre histoire du salariat », Le sujet dans la cité, 2 (n° 3), p. 80-91.

 

Didry C., 2016. L’Institution du travail. Droit et salariat dans l’histoire, Paris, La Dispute.

 

Hordern F., 1991. « Du louage de services au contrat de travail ou de la police au droit (XVIIIe-XXe siècle) », Cahiers de l’Institut régional du travail, 3, p. 1-120.

 

Kaplan S., 1979. « Réflexion sur la police du monde du travail, 1700-1815 », Revue historique, 529, p. 17-77.

 

Mann G., 2009. « What was the Indigenat? The Empire of Law in French West Africa », Journal of African History, 50 (3): 313-353.

 

Minard Ph., 2006. « Les formes de régulation du travail en France et en Angleterre au XVIIIe siècle : une enquête en cours », Les cahiers de Framespa, [en ligne], 2.

 

Pesante M.L., 2016. « Lavoro servile e lavoro salariato in prospettiva storica », Cerasi L. (a cura di), Le libertà de lavoro. Storia, diritto, società, Palermo: NDF - Società di storia del lavoro, p. 75-105.

 

Sarti R., (2019). Le « nom de domestique » est un « mot vague ». Débats parlementaires sur la domesticité pendant la Révolution française, in Corine Maitte, Nicolas Schapira (dir.), L’empreinte domestique du travail, XVIe-XXIe siècle, Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée modernes et contemporaines, 131/1 : 39-52.

 

Sonkajärvi H., 2008. Qu’est-ce qu’un étranger? Frontières et identifications à Strasbourg (1681-1789), Strasbourg : Presse Universitaire de Strasbourg.

 

Veneziani B., 2010. “The evolution of the contract of Employment”, Hepple B. (ed.), The making of labour law in Europe. A comparative study of nine countries up to 1945, London and New York: Mansell, p. 31-72.

 

 

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